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Deep Web e Cyberspazio: intervista a Carola Frediani

Oggi intervistiamo Carola Frediani, giornalista e autrice di numerosi libri che indagano sul Cyberspazio. In particolare, nell’intervista discutiamo della sua opera intitolata “Deep Web: la Rete oltre Google”.

Il suo libro è un vero e proprio ampio reportage giornalistico all’interno del Cyberspazio: può spiegare meglio, soprattutto a beneficio dei nostri lettori, cosa si intende per approccio giornalistico e quale valore aggiunto offre nella trattazione della materia?

Il mio voleva essere semplicemente un reportage approfondito, nella tradizione del cosiddetto long-form journalism. Per farlo ho cercato di andare e di stare in alcuni luoghi virtuali della Rete meno nota, di intervistare (tramite chat cifrate) decine di persone, di seguire il dibattito sui forum specializzati nel momento in cui accadevano determinati eventi. Ho poi dovuto selezionare molto, dato che l’argomento è vastissimo. L’intento è di dare uno spaccato originale di quel mondo, non di raccontarlo in toto.

A proposito di Deep Web e della sua definizione, come ha sottolineato anche lei nel libro, spesso c’è un po’ di confusione nel definirne il perimetro e le dimensioni all’interno del Cyberspazio: può aiutarci a comprendere meglio cosa si intende (e cosa non si intende) per Deep Web?

Il Deep Web è tecnicamente tutta quella parte di Web non raggiungibile dai normali motori di ricerca, e in questa definizione include anche intranet, database, siti protetti da password. Ma giornalisticamente questa espressione viene usata spesso – anche fra gli addetti ai lavori – per indicare il mondo delle darknet, cioè di quelle reti anonime che si possono navigare solo con software ad hoc. E i siti che sono “nascosti” su queste reti sono chiamati spesso Dark Web. Di fatto, malgrado il diverso significato originario, Deep Web, Dark Web e darknet sono usati spesso in modo intercambiabile.

Bisogna però stare attenti perché questa identificazione può provocare degli errori di percezione. Ad esempio, il Deep Web nel suo senso di “tutto il web non raggiungibile dai motori di ricerca” è ovviamente molto vasto, alcuni sostengono anche centinaia di volte più vasto del Web “normale”. Tuttavia non bisogna confondere queste cifre con le darknet vere e proprie che, sebbene difficili da misurare, sono invece un ambiente relativamente piccolo, e spesso sopravvalutato. Si calcola che i servizi nascosti sulla darknet più importante, la rete Tor, siano circa 40mila. Diverso il discorso se invece si considera il numero di utenti che usano software come Tor per navigare e comunicare in modo anonimo in Rete, attività fondamentale per proteggersi in molti Paesi illiberali: si tratta di oltre 2 milioni di utenti (un numero che è cresciuto negli ultimi anni).

Può spiegarci cosa è TOR? A cosa serve, come si usa e chi lo usa?

Tor è un progetto no-profit basato su un software open source che permette di navigare (e comunicare) in modo anonimo in Rete (sul concetto di anonimato in Rete si potrebbe aprire un intero capitolo): diciamo che anche questo è spesso sopravvalutato. Ovvero che essere veramente anonimi in Rete, specie se si ha di fronte avversari potenti e determinati, è comunque molto difficile, e non basta usare solo il browser Tor, ma servono altri accorgimenti. Però per gran parte delle persone normali Tor è già un buon livello di protezione della privacy, e del resto la sua efficacia è stata confermata perfino da alcune slide della National Security Agency fuoriuscite con le rivelazioni di Edward Snowden.

Per navigare in modo anonimo basta scaricare il browser Tor, e il proprio traffico verrà cifrato a strati e fatto rimbalzare fra i vari nodi della rete Tor, composta dai computer di volontari che fanno girare il suo software.

Ma si possono anche realizzare siti web o altri servizi internet che “nascondono” l’identità di chi li ha creati. Siti web di questo tipo terminano in .onion e sono raggiungibili solo attraverso Tor.

Nel suo libro parla anche di Anonymous. Tra le operazioni recenti di Anonymous vi è l’individuazione e la chiusura di siti web e account social di presunti appartenenti all’ISIS (o comunque sostenitori). Secondo alcuni, sarebbe più opportuno monitorare le azioni di tali account, piuttosto che chiuderli: con questa azione drastica l’utente sa di essere stato scoperto e quindi probabilmente continuerà le sue comunicazioni assumendo maggiori accorgimenti, quindi con un ipotizzabile doppio danno: cosa pensa al riguardo?

In realtà non sembra esserci un consenso su questo tipo di azioni da parte degli esperti. Diciamo che il giudizio dipende da quanto si considera efficace la propaganda online dell’ISIS. Chi pensa che serva davvero a reclutare militanti e a creare simpatizzanti, probabilmente vedrà di buon occhio un’azione di contrasto alla presenza online dello Stato islamico, come quelle effettuata da vari gruppi hacktivisti. Chi invece ritiene che sia più importante “osservare” e raccogliere intelligence vedrà queste azioni con fastidio. Sinceramente, al di là di questa polarizzazione, vedo altri possibili rischi: da un lato quello di censurare online persone non necessariamente riconducibili all’ISIS, il che sarebbe paradossale per un movimento anti-censura come Anonymous. Dall’altro quello di creare confusione sul tema, soprattutto se si cominciano a mettere di mezzo presunti attentati, come avvenuto anche in Italia, anche in virtù di un cortocircuito mediatico. Insomma, non darei un giudizio complessivo ma giudizi mirati su singole azioni.

Uno dei moderni dilemmi derivanti dall’avvento della nuova dimensione rappresentata dal Cyberspazio è garantire il giusto equilibrio fra sicurezza e privacy: cosa pensa al riguardo?

E’ un vero dilemma? Davvero garantire alcuni minimi diritti di privacy alle persone è in contrasto con le esigenze di sicurezza? La strada per essere più sicuri è davvero il “collect it all”, l’idea di raccogliere dati e comunicazioni, in massa? O quello che manca sono capacità, coordinamento e risorse per effettuare indagini mirate, seguire specifiche piste e sospetti? Gran parte degli attentatori degli ultimi anni erano già noti alle autorità. Come scrive Jamie Bartlett nel suo recente e consigliato “Orwell versus the Terrorists” serve più humint, human intelligence, che raccolta indifferenziata di informazioni sui cittadini.

Biagio Tampanella

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Glicerio Taurisano: Intelligence e Sistema di Informazione nella Repubblica Italiana

Intervista a Glicerio Taurisano, autore del libro “Intelligence e Sistema di Informazione nella Repubblica Italiana – storia, cultura, evoluzione e paradigmi”,  che propone un saggio storico-scientifico per il Sistema di Intelligence Italiano.

 

Edito dalla Casa Editrice Aracne, per la collana Laboratorio di Politica, il volume sul Sistema di informazione italiano sta riscuotendo importanti consensi tra studiosi, amatori e curiosi della materia. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?

«Il perché si scrivono libri risiede nella condizione di raccontare qualcosa e quando l’interesse è fare cultura, i libri diventano un piacere scriverli, ma ancor più leggerli. In Italia esiste una consistente produzione letteraria ben distante dal raccontare strutture, storie, personaggi e contesti relativi ai Servizi di Informazione, testi i quali si abbelliscono essenzialmente di complotti, deviazioni e oscure operazioni. Occorreva dunque, e i tempi sono giusti, un testo che portasse aiuto ai pochi libri oggi pubblicati sulla cultura e sulla conoscenza di questo organismo, con l’umile ambizione di proporre una lettura dell’Intelligence in maniera più rigorosa e quindi pronta ad accogliere metodi scientifici per la sua evoluzione, per la sua predisposizione a nuove strategie di raccolta e analisi delle Informazioni, utili alla sicurezza della Nazione».

 

Il volume si presenta subito interessante sia per la copiosità che per il contenuto il quale, diviso in sei capitoli, percorre un tragitto storico, culturale e scientifico per argomentare di Intelligence e sicurezza nazionale e lo fa avvalendosi della storia, della filosofia e della scienza. Perché queste tre componenti?

«Sono pilastri fondamentali per addivenire verso un unico pensiero di valutazione del testo, senza innescare ideologie o parvenze fuorvianti dallo scopo che il volume si prefigge, ovvero fare cultura; per cui solo attraverso l’innesto di queste tre componenti poteva essere trovato il filo conduttore tra ciò che nel passato hanno rappresentato i servizi segreti e ciò che invece rappresentano oggi i Servizi di Informazione. Inoltre, come spesso sostengo, occorre parlare un po’ di più dell’Intelligence italiana e magari riferirsi a quella di altre nazioni solo per comparazione di studi; quindi la storia e la scienza, coadiuvate dalla filosofia, costituiscono un ottimo percorso per raggiungere risultati soddisfacenti, non solo nell’immaginarci una Intelligence più preparata ma anche per costruire una profonda cultura».

 

Quali difficoltà ha trovato nell’elaborare la sua opera e soprattutto, da cosa si differenzia, secondo lei, questo nuovo libro sui Servizi segreti italiani da quelli già esistenti?

«Innanzitutto non lo indicherei come un nuovo libro, ma un nuovo “percorso di conoscenza” che era alla portata di tutti, ma che non abbiamo avuto l’ardire di intraprenderlo, di scriverlo e raccontarlo. La letteratura che abbonda in Italia sull’organismo di sicurezza nazionale è pressoché finalizzata a manifestare contrarietà ai Servizi di Informazione, specialmente per gli ultimi 40 anni del ventesimo secolo, fatto salvo per quei pochi libri i cui autori hanno avuto il coraggio storico e sociale di raccontare, attraverso documenti e fatti, una responsabilità storica che spesso è sfuggita ai promotori delle deviazioni e dei complotti, che ancora oggi spargono storie e racconti di insana credibilità. Inoltre i pochi testi che argomentano di Intelligence, e lo fanno anche bene, pianificano le loro analisi e teorie attraverso una sorta di persuasione che si sta parlando ad un pubblico già edotto su quest’arte, in pratica non è così e quindi c’è necessità di iniziare dal principio, conoscere cos’era lo spionaggio, dove, quando e perché veniva esercitato, sapere delle strutture dei Servizi, come operano, chi sono, quali ruoli hanno nella sicurezza nazionale e infine l’Intelligence, cos’è, perché è importante, chi deve esercitarla, chi ne deve usufruire e cosi via. Ecco perché questo libro ha scelto un raccontare forse non usuale delle strutture e dei direttori dei Servizi di Informazione, al fine di concedere con rispetto a tutti i lettori la possibilità di riformulare, qualora lo ritengano ovviamente utile e condivisibile, una nuova idea su cosa sono stati i Servizi segreti italiani di ieri e cosa sono e rappresentano le Agenzie di sicurezza nazionale oggi. Qui forse cade anche la difficoltà nello scrivere questo volume, trovare un metodo che seppure esponesse le sue idee con convinzione storica, di ricerca e studi, non estraniasse quelle dell’altrui pensiero ma si proponesse invece come un contenitore dialogico e culturale».

 

Nel suo libro illustra di come, soprattutto nel passato, l’opinione pubblica abbia talvolta erroneamente associato i Servizi di informazione a qualcosa di “deviato”. Come ha affrontato questo argomento?

«Innanzitutto occorre fare una precisazione, non sono stati i Servizi segreti a deviare, caso mai e probabilmente sono stati alcuni uomini che hanno operato in questi organismi o per lo più chi doveva utilizzare le informazioni da questi prodotte. Il testo inizia il suo percorso sin dal tempo più remoto proprio per definire cos’è e cosa si intende per deviazione, oltre a dimostrare che spesso è tornato molto utile questa dicotomia per i più disperati scopi di potere o destabilizzazione; quindi si interfaccia con gli episodi più significativi che hanno segnato l’Italia del terrore e con una politica che probabilmente avrebbe dovuto e potuto fare molto di più sul fronte della comunicazione, al fine di distinguere l’istituzionalità dei Servizi con il disertare il dovere istituzionale di alcuni soggetti».

 

Nel suo libro vi è una consistente parte che rispolvera storia ed episodi, non solo delle due grandi guerre, ma anche dei periodi ante e post Unità d’Italia. Cosa pensa della “Storia”?

«La storia è la grande madre che instancabilmente feconda conoscenza e spesso questo lo dimentichiamo, per cui mi è stato indispensabile, al fine di disegnare un quadro completo e soprattutto conoscitivo sulla utilità dei Servizi di Informazione, interessarmi alla ricerca storica ed offrire così un panorama molto più ampio rispetto alla sola descrizione degli anni più recenti. Un lavoro questo che è stato abbondantemente facilitato dalle ultime ricerche e pubblicazioni di insigni ricercatori nonché dalla disponibilità degli archivi storici e militari. Inoltre la storia dell’Intelligence tra il periodo ante e post Unità d’Italia è colma di attività di ricerca informazioni, di controspionaggio e di deception, che spesso hanno interagito profondamente sulle politiche nazionali ed internazionali, a volte con risultati efficaci e positivi, certe altre invece producendo risultati avversi, ma comunque sono state attività che hanno permesso, in seguito, di far evolvere in positivo l’Intelligence italiana».

 

La prima parte del libro si conclude con le statistiche della fiducia degli italiani verso il Sistema di Informazione, le quali attualmente sono di tutto rispetto. Anche l’Istituto di Ricerca Eurispes, in un suo sondaggio pubblicato di recente, ha evidenziato come oggi i cittadini abbiano fiducia dell’Intelligence italiana: ebbene, secondo lei perché solo oggi gli italiani stanno dimostrando questo positivo giudizio?

«C’è da dire che non è del tutto vero che solo oggi gli italiani manifestano credibilità, stima e fiducia verso il nostro Sistema di Informazione o se si preferisce verso i Servizi segreti; ciò è accaduto già per altre strutture prima dell’Unità d’Italia così come durante la prima guerra mondiale, in quest’epoca almeno per la sola società civile, un po’ meno negli ambienti militari come il testo racconta, per cui possiamo dire che si sono alternati momenti di fiducia a periodi di diffidenza, a seconda dei contesti storici, politici e sociali; dati che non sono riscontrabili per mezzo di indagini demoscopiche ma solo attraverso una profonda analisi dei testi storici e documenti antichi. Tuttavia è solo in questi anni che grazie all’innovazione e alla riorganizzazione di tutto l’apparato di sicurezza che il Sistema Informativo sta beneficiando di straordinarie e profonde considerazioni da parte dei cittadini, ne abbiamo ufficialità dall’istituto di ricerca Eurispes, grazie all’impegno del DIS, che tramite la Scuola di Formazione incontra i giovani italiani nelle Università e nelle Scuole promuovendo la comunicazione istituzionale e la cultura di Intelligence».

 

Relativamente all’Intelligence, attraverso quale procedimento viene argomentata nel testo? Quali sono le nuove considerazioni scientifiche che lei rapporta ad essa?

«Oggi parlare di Intelligence è diventato luogo comune, ciò per chi sostiene la sua cultura è cosa gradita, tuttavia vi sono ancora alcuni spazi vuoti tra la sua reale comprensione e le tante interpretazioni che si sovrappongono, specialmente quando ci riferiamo all’attività di Intelligence istituzionale, per cui anch’essa ha dovuto beneficiare di un punto di inizio storico, ovvero la sua genesi, la sua evoluzione e le sue interpretazioni, a volte giuste altre no; ogni parola nasconde una storia e contestualmente una domanda e quando queste si incontrano non possono che generare un solo campo d’azione, l’interesse ad indagare e l’investigazione genera anche il dubbio, in questo caso: l’Intelligence è un processo o un risultato? È un’arte o una scienza? Il testo anche qui vuole dare il suo contributo e lo fa contenendosi nei parametri storici, strategici e metodologici. Relativamente alle considerazioni scientifiche, il libro oltre ad interfacciarsi con gli studi di eccelsi ricercatori si spinge fino a proporre in maniera delicata alcuni concetti, studi e paradigmi scientifici, se non altro per manifestare la elementarità della disciplina scientifica in questo settore e di quali e quanti risultati può produrre la ricerca scientifica per nuovi modelli di Intelligence, di Sicurezza e Difesa».

 

Oltre alla dizionaristica definizione del significato di Intelligence, come la spiegherebbe lei? Cosa è per lei l’Intelligence?

«L’Intelligence è in quanto tale, ovvero basta restare nei canoni specifici della sua etimologia e scoprire quanto semplice sia spiegare il suo significato, anche se condivido molto una frase del prof. Sidoti dell’Università dell’Aquila: ”l’Intelligence è più semplice impararla che insegnarla”, ma ancor più se a questo aggiungiamo cultura, ossia il predisporci alla conoscenza e al suo impiego in tutte le cose che interessano l’uomo e la sua Nazione, il quadro esplicativo diventa ancora più semplice. Tuttavia una quasi filosofica definizione di Intelligence istituzionale, ma con presunzione scientifica, il testo la offre sin dall’inizio del capitolo ad essa dedicato e si preannuncia con la seguente nota: L’intelligence è quel complesso studio pluridisciplinare che dà vita a un’attività, nella quale un modello di pensiero si manifesta per predisporla all’esercizio della sua funzione, immergendo la sua peculiarità di sintesi nell’enorme contenitore della conoscenza, per il beneficio della sicurezza nazionale».

 

Nel volume lei parla anche di Intelligence Investigativa, ci può spiegare cosa è esattamente questa attività?

«Precisiamo intanto che occorre non confondere l’Investigazione con l’Intelligence: la prima ha un compito conoscitivo – repressivo, la seconda informativo – valutativo e preventivo. Tuttavia le due scienze ben possono operare in sintonia, coadiuvandosi a vicenda, a patto che in questa pratica sia presente una precisa condizione, l’osservazione. Dunque l’Intelligence Investigativa è un supporto sia per la prevenzione che per la repressione del crimine; ne sono stati esempi in Italia le indagini per la lotta al terrorismo del Gen. Dalla Chiesa, quelle contro la mafia dei Ros del Gen. Mori e le azioni del Capitano Ultimo oppure lo straordinario lavoro del Pool Antimafia di Falcone e Borsellino, operazioni in cui questi straordinari uomini dello Stato ben avevano inteso l’utilità dell’Intelligence a supporto delle investigazioni. Attualmente tutte le Forze di Polizia utilizzano metodi e strategie di Intelligence nelle loro attività per l’antiterrorismo, l’anticrimine e la prevenzione delle rapine, quest’ultima oggi beneficia di uno straordinario strumento di Predictive Police: il KeyCrime, il software ideato dall’Assistente capo Mario Venturi e attualmente in uso presso la Questura di Milano con notevoli risultati, il quale ben potrebbe essere finalizzato anche per attività di Intelligence Investigativa».

 

Concludendo, il libro è dedicato alla memoria di un ex direttore del Sismi, l’Amm. Fulvio Martini. Perché questa scelta?

«L’Ammiraglio Martini ha una intensa storia nei Servizi ed è stato, possiamo dire, il precursore della cultura di Intelligence, oltre che un conoscitore del sistema informativo non solo italiano ma di tanti altri paesi. I suoi tanti anni nella Marina Militare Italiana e nel Sismi hanno fatto si di segnare una forte rispettabilità verso la sua persona, anche da parte dei Servizi segreti di tante nazioni che lo stimavano molto, ciò è ben documentato nel libro e questo grazie alla sua devozione verso il dovere istituzionale e all’amor di Patria, nonché al suo essere galantuomo. Tuttavia l’Amm. Fulvio Martini, come tanti altri, poco o per nulla viene ricordato e poiché la sua straordinaria figura e le sue attività di intelligence riconciliano un po’ le epoche di tutte le strutture dei Servizi, passati e attuali, riflettendo altresì l’operatività di uomini e donne che hanno e continuano a lavorare nel silenzio e nel totale anonimato, senza né glorie né onori, ho voluto attraverso questo grande Ufficiale e Gentiluomo distribuire la dedica del libro anche a tutti coloro che hanno operato ed operano nella sicurezza nazionale con senso di stato e istituzionale».

Biagio Tampanella

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“Open Source Intelligence & Cyberspace” di Antonio Teti

Come ha ricordato Mario Caligiuri – Direttore del “Master in Intelligence” e del “Centro Studi di documentazione scientifica sull’Intelligence” dell’Università della Calabria – nella sua introduzione al libro che recensiamo oggi, intitolato “Open Source Intelligence & Cyberspace”, il Prof. Antonio Teti sta studiando da anni il tema dell’Intelligence, con un approccio prevalente sulla dimensione delle nuove tecnologie e sulle conseguenti, molteplici ricadute.

Il libro è suddiviso in quattro capitoli, ciascuno dei quali affronta ed approfondisce un particolare tema. Lo stile è piacevole e semplice, ma allo stesso tempo rigoroso nei contenuti. Del resto, ritengo che la semplicità della narrazione e della comprensione di un lavoro del genere, sia fondamentale se si vuole diffondere la cultura dell’Intelligence a tutti, e non solo agli addetti ai lavori (che, per definizione, sono già esperti).

Il primo capitolo è chiamato “Il concetto di Open Source Intelligence (OSINT): storia, concetti e metodologie” ed offre una panoramica storica dell’evoluzione del concetto di OSINT, il quale si è arricchito di elevate potenzialità con il connubio offerto dal rapido avvento del Cyberspazio e della conseguente immensa mole di informazioni disponibili e liberamente fruibili da chiunque.

Il secondo capitolo è intitolato “Il processo di ricerca delle informazioni” ed illustra il complesso ed affascinante processo di analisi, che si sviluppa nel ciclo di intelligence. Oltre all’illustrazione concreta di metodologie di analisi, che permettono di comprendere come ragiona e come lavora un analista, l’autore si concentra su una tipologia particolare di tecnica di analisi denominata Analysis of Competing Hypotheses (ACH), una tecnica che consente agli analisti di valutare la credibilità e la rilevanza del lavoro svolto, soprattutto per quanto concerne quei campi in cui il rischio di errore nel ragionamento nelle attività di analisi è elevato.

Dopo i primi due capitoli, che sono più “teorici”, l’autore prende “per mano” il lettore, che nel frattempo ha acquisito dimestichezza nell’utilizzo dei termini chiave (un linguaggio comune è infatti un altro fattore fondamentale nella condivisione della conoscenza) e lo inizia a condurre all’interno del Cyberspazio. Nel terzo capitolo, intitolato “OSINT e Cyberspazio: ricerca, analisi e strumenti di elaborazione delle informazioni in internet”, infatti, i concetti illustrati e definiti in precedenza vengono applicati in scenari concreti, con un focus particolare al mondo dei social network, ai motori di ricerca, agli applicativi che consentono di reperire dati all’interno del Cyberspazio e condurre analisi anche approfondite e complesse.

Nel quarto capitolo – dal titolo “Miti e realtà delle informazioni nel Cyberspazio: il lato oscuro della rete” – il Prof. Teti si spinge ancora oltre, dedicandosi all’illustrazione di uno strato della rete “sommerso” e sconosciuto ai più, eppure di dimensioni persino più ampie della rete comunemente nota ed accessibile al pubblico comune: parliamo del cosiddetto Deep Web, per raggiungere il quale occorre utilizzare strumenti ed applicativi particolari (quali TOR, The Onion Router). Il Deep Web, spiega l’autore, è un contenitore di dimensioni così elevate da rappresentare un serbatoio particolarmente ricco di notizie e dati su cui lavorare con tecniche OSINT.

L’ampiezza degli argomenti trattati nel libro, la ricchezza delle informazioni contenute e lo stile chiaro e coinvolgente, rendono questo libro una fonte indispensabile sia per chi, profano di questi concetti, voglia avvicinarsi al mondo dell’Intelligence sia per chi, invece, già “addetto ai lavori”, voglia aggiornarsi, approfondire le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie ed avere comunque un testo di riferimento da “consultare” ogni volta che occorra.

Biagio Tampanella

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Intervista esclusiva Paolo Inzerilli – Gladio stay behind

‪#‎IntelligenceCollettiva‬ ‪#‎Inchiesta‬ ‪#‎Gladio‬: ecco la quarta intervista ESCLUSIVA al Generale Paolo Inzerilli sull’operazione ‪#‎StayBehind‬. PRIMA E SECONDA PARTE

Un documento esclusivo. Un’intervista indispensabile ad approfondire la conoscenza delle strutture di ‪#‎Intelligence‬ che hanno operato in ‪#‎Italia‬ nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni ’80.

L’uomo che ha messo su e gestito per 12 anni l’operazione della #NATO “Stay Behind” in Italia.
Parleremo dei protagonisti che hanno caratterizzato la storia dei servizi segreti italiani messi in luce da chi, durante lo svolgimento del proprio ruolo istituzionale, si è trovato a dover affrontare i tanti momenti bui di questo Paese.

Continua dunque oggi l’inchiesta di approfondimento di Intelligence Collettiva e l’argomento è tra i più ostici, racconteremo infatti di Gladio (stay-behind) che ancora oggi fa parlare di se, una vicenda che nasconde alcune zone d’ombra

Il Generale Inzerilli ci accompagnerà in questo mondo con l’ultima intervista esclusiva della serie #GLADIO.

Buona visione a tutti!

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Intervista esclusiva Adriano Soi – GLADIO Stay behind

#‎IntelligenceCollettiva‬ ‪#‎Inchiesta‬ ‪#‎Gladio‬: ecco la terza intervista al Professor Adriano Soi sull’operazione ‪#‎StayBehind‬.

Un documento indispensabile per approfondire la conoscenza delle strutture di ‪#‎Intelligence‬ che hanno operato in ‪#‎Italia‬ nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni ’80.

Vedremo alcuni dei protagonisti che hanno caratterizzato la storia dei #servizisegreti italiani messi in luce da chi, durante lo svolgimento di importanti inchieste giudiziarie, si è trovato a dover indagare su tanti momenti bui di questo Paese.

Continua dunque oggi l’inchiesta di approfondimento di #intelligencecollettiva e l’argomento è tra i più ostici, racconteremo infatti di #Gladio (stay-behind) che ancora oggi fa parlare di se, una vicenda che nasconde ancora tante zone d’ombra.

Il Professore Soi ci accompagnerà in questo che è il terzo di quattro importanti documenti.

Nel prossimo ed ultimo, lunedì 30, sentiremo la voce di chi ha creato e gestito Gladio per 12 anni, il Generale Paolo Inzerilli.

Buona visione a tutti!

gladio grafica casson

Intervista esclusiva Felice Casson – GLADIO Stay behind

#‎IntelligenceCollettiva‬ ‪#‎Inchiesta‬ ‪#‎Gladio‬: ecco la seconda intervista al Senatore Felice Casson sull’operazione ‪#‎StayBehind‬.

Una intervista indispensabile per approfondire la conoscenza delle strutture di ‪#‎Intelligence‬ che hanno operato in ‪#‎Italia‬ nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni ’80.

Vedremo alcuni dei protagonisti che hanno caratterizzato la storia dei ‪#‎servizisegreti‬ italiani messi in luce da chi, durante lo svolgimento di importanti inchieste giudiziarie, si è trovato a dover indagare su tanti momenti bui di questo Paese.

Continua dunque oggi l’inchiesta di approfondimento di #intelligencecollettiva e l’argomento è tra i più ostici, racconteremo infatti di #Gladio (stay-behind) che ancora oggi fa parlare di se, una vicenda che nasconde ancora tante zone d’ombra.

Il Senatore Casson ci accompagnerà in questo che è soltanto il seondo di quattro importanti documenti. Nei prossimi, grazie ad ulteriori autorevoli contributi, del calibro del Prefetto Adriano Soi e del Generale Paolo Inzerilli, proveremo a dare un quadro della vicenda che sia il più ampio e articolato possibile.
Buona visione a tutti!

ALDO GIANNULI

Intervista esclusiva Aldo Giannuli – GLADIO Stay behind

‪#‎IntelligenceCollettiva‬ ‪#‎Inchiesta‬ ‪#‎Gladio‬: ecco la prima intervista al prof. Aldo Giannuli sull’operazione ‪#‎StayBehind‬.
Un approfondimento indispensabile per diversificare con precisione le strutture di ‪#‎Intelligence‬ che hanno operato in ‪#‎Italia‬ nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni ’80.

Vedremo alcuni dei protagonisti che hanno caratterizzato la storia dei ‪#‎servizisegreti‬ italiani messi in luce da chi, durante lo svolgimento di importanti inchieste parlamentari, si è trovato a dover analizzare attentamente alcuni tra i nodi più stretti della storia moderna di questo Paese.

Inizia dunque oggi il primo approfondimento di #intelligencecollettiva e l’argomento è tra i più ostici, parleremo infatti di #Gladio (stay-behind) che per decenni ha fatto parlare, ed ancora oggi fa parlare di se, una vicenda che nasconde ancora tante zone d’ombra.

Il professor Giannuli ci accompagnerà in questo che è soltanto il primo di quattro importanti documenti.

Nei prossimi, grazie ad ulteriori autorevoli contributi, del calibro del Prefetto Adriano Soi, del Magistrato Felice Casson e del Generale Paolo Inzerilli, proveremo a dare un quadro della vicenda che sia il più ampio e articolato possibile.

Buona visione a tutti!

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Intelligence Collettiva – sicurezza partecipata

Intelligence Collettiva è un progetto multimediale unico nel suo genere, un progetto di approfondimento e diffusione della cultura della sicurezza che sta mettendo insieme, su un’unica piattaforma, studiosi, tecnici, ricercatori, appassionati e professionisti dei temi dell’Intelligence.

La necessità di un nodo di questo tipo è nata dal fatto che con la globalizzazione, l’innovazione tecnologica, l’avvento di internet, con il web e la crescente mole di informazioni che ne è conseguita e che cresce esponenzialmente ogni secondo, i concetti di sicurezza, di Intelligence e di privacy stanno mutando velocemente giorno dopo giorno.

Oggi un numero sempre maggiore di utenti ha accesso ad un’infinita quantità di dati e contemporaneamente ne immette nella rete.

Sono milioni ormai le persone che utilizzano social network, motori di ricerca, blog e servizi web per costruirsi o esprimere un’opinione ed effettuare scambi economici. Basti pensare alle multinazionali di internet che devono il loro successo alla creazione di questi nuovi diffusissimi strumenti di comunicazione tra le persone ed oggi possiedono una quantità di informazioni spesso superiore alla capacità informativa dei singoli governi. Questo ci impone di pensare ad un’indispensabile e costante dialogo tra le istituzioni e le aziende, che garantisca da un lato la libertà dell’iniziativa privata e dall’altro i diritti inviolabili dell’utente.

Nasce il concetto di Intelligence collettiva:

un nodo utile a interconnettere cittadini, governi e aziende e proiettarli consapevolmente in un futuro in cui l’Intelligence opererà sempre di più in uno spazio indefinito, un luogo in cui gli utenti saranno sempre più parte attiva di quella “intelligenza collettiva della Rete” che si autoregola e autogoverna.

Sicurezza partecipata

La sicurezza, prima analizzata a livello locale, ora assume limiti più difficilmente definibili, ed allora ecco subentrare il concetto di “sicurezza partecipata” dove ogni individuo facente parte ad esempio di un’azienda deve responsabilizzarsi per accrescere la sicurezza stessa dell’azienda e quest’ultima quella del Sistema Paese in cui vive.

Intelligence Collettiva è una fitta rete di sinapsi formata da
molteplici attori con rinomata esperienza nell’ambito della Sicurezza Nazionale 
e nel complesso quadro delle comunicazioni moderne.

Il punto di vista privilegiato sarà quello dei Servizi Informativi italiani, e più nello specifico, dei tecnici e degli analisti che ogni giorno offrono al decisore politico strumenti di fondamentale importanza strategica; decisore politico che non sempre ha colto l’importante è delicato lavoro del nostro dispositivo Intelligence. Analisti e tecnici sono ormai utili non solo ai governi ma anche a chi deve prendere importanti e fondamentali decisioni strategiche aziendali.

  • Com’è cambiato il mondo dell’Intelligence? Dove sta andando?
  • Come sono cambiati i codici di comunicazione, i linguaggi e le immagini nell’era di internet?
  • Quanto questo incide sulla nostra privacy?
  • L’e-commerce, la vendita di prodotti o servizi attraverso internet, come sta mutando i mercati e come influenzerà in futuro gli interessi strategici dei governi?
  • Com’è cambiato il concetto di sicurezza negli ultimi anni e come cambierà ancora!?

Queste e tante altre domande troveranno risposta grazie al contributo di chi opera quotidianamente dentro e fuori le istituzioni nel sempre più complesso mondo dell’Intelligence, sia esso dispositivo governativo o privato.

Su questa piattaforma svilupperemo importanti e delicate inchieste su argomenti che non hanno mai trovato reali risposte ma solo tanta disinformazione. Lo faremo ascoltando la voce dei diretti interessati e dei protagonisti. Per gli appassionati del mondo dei servizi segreti avremo a disposizione anche esperti che offriranno recensioni su libri dedicati al mondo dell’Intelligence e sui film che hanno fatto la storia del cinema trattando argomenti di spionaggio e non solo…

Questa piattaforma partecipata sarà aperta a tutti coloro che vorranno dare il proprio contributo per accrescere la cultura della sicurezza e che vorranno trattare di argomenti di Intelligence in maniera tecnica ed approfondita.

Buon viaggio.

SAPPIAMO ASCOLTARE E ABBIAMO QUALCOSA DA DIRE

Se lo ritieni utile contattaci per ulteriori informazioni
sulla nostra piattaforma di idee.